martedì 10 novembre 2009

UNAL DI AGRIGENTO INFORMA LE GPG SULLE PATOLOGIE CONNESSE AL LAVORO NOTTURNO E AI CAMBI DI TURNAZIONE FREQUENTI

INVERSIONE RITMO CIRCADIANO



Di tutti i ritmi della natura, il più evidente è certamente l'ininterrotto avvicendarsi del giorno e della notte. Piante ed animali, da epoche remote, si sono adattati ad esso. Perché le piante possano vivere, le loro foglie devono schiudersi al Sole e di notte devono ripiegarsi. Gli animali che cacciano o si alimentano di giorno, di notte riposano o riducono la loro attività; il contrario avviene se si procurano il nutrimento la notte. In realtà, sebbene il ritmo giornaliero sembra riflettersi esclusivamente nell'alternarsi del riposo e dell'attività, si manifesta con moltissimi cambiamenti non sempre evidenti.
Il disequilibrio del ritmo circadiano può portare gravi scompensi all’organismo. Uno studio Eurispes ha preso in esame le conseguenze del lavoro notturno sulla vita privata dei lavoratori e sulla sicurezza sul lavoro.
L´adeguamento al lavoro notturno e la tolleranza nei confronti dei suoi possibili effetti variano ampiamente tra i lavoratori.
Tuttavia, in linea generale, il lavoro notturno rappresenta un fattore di rischio negativo per la salute dei lavoratori, in quanto l’organismo umano risulta maggiormente vulnerabile durante la notte, poiché il livello di vigilanza viene alterato dalla povertà di stimoli e dall’affaticamento conseguente all’attività lavorativa.
I problemi posti dal lavoro notturno riguardano vari aspetti interconnessi: biologico, lavorativo, medico e sociale.

L’aspetto “biologico” è caratterizzato dall’alterazione della normale ritmicità circadiana della maggior parte delle funzioni biologiche, la quale può influenzare lo stato di salute e la capacità lavorativa della persona.
In particolare, una scarsa illuminazione influisce sul tasso di produzione di melatonina, determinando reazioni chimiche a cascata che influiscono sul sangue, sulla digestione, sulla temperatura corporea, sulle onde cerebrali, così come sul nostro generale stato di allerta e lucidità. Circa il 63% delle persone che lavorano di notte accusa disturbi del sonno. La durata del sonno può limitarsi in tali soggetti a 4-6 ore, a differenza della durata media per persona sana che è di 7-9 ore. Questa perdita di ore di sonno determina una riduzione di energie e di reattività.

L’aspetto “lavorativo” riguarda l’alterazione dell’efficienza lavorativa con conseguenti errori e incidenti. Il grado di efficienza dei lavoratori notturni viene compromesso principalmente dalla perturbazione del ritmo circadiano, con conseguente deficit di sonno e affaticamento.
Tra le 4 e le 6 del mattino, il tasso di incidenti dovuti a fatica, che coinvolgono autocarri, è 10 volte superiore al tasso diurno, quando il traffico è maggiore. Il tasso di errori nell’adempiere numerosi altri compiti culmina per la medesima fascia oraria.

L’aspetto “medico” è costituito dalla modificazione dello stato di salute.

L’inversione del ritmo sonno-veglia determina, a breve tempo, disturbi simili a quelli provocati dal jet lag (disturbi del sonno, irritabilità, dispepsia); nel lungo periodo possono osservarsi una maggiore incidenza di patologie a carico dell’apparato gastroenterico (il 31,3 % dei lavoratori notturni soffre di gastroduodenite, il 12,2% di ulcera duodenale) e del sistema neuropsichico (il 64,4% è affetto da sindromi ansiose e/o depressive).
L’ipertensione conseguente ad un riposo insufficiente può aggravare problemi di pressione sanguigna e sintomatologie cardiache. Altre patologie aggravate dall’inversione del ritmo circadiano sono: diabete, disordini intestinali, epilessia, insonnia, depressione. Alcune persone divengono, tra l’altro, più sensibili ai farmaci assunti per controllare le patologie sopra indicate.
Tali patologie sono ascrivibili, oltre che all’alterazione dei ritmi biologici, anche ad una non adeguata alimentazione; talvolta, i lavoratori notturni tendono a modificare l´alimentazione e la distribuzione dei pasti nell´arco della giornata.

L’Eurispes ha preso in esame, inoltre, i recenti provvedimenti che hanno cercato di attenuare i problemi connessi al lavoro notturno, da un lato, imponendo controlli preventivi e periodici adeguati al rischio a cui il lavoratore è esposto (art.14 D.lgs. n.66 del 8 aprile 2003), dall’altro la normativa stabilisce, qualora sopraggiungessero condizioni di salute che comportino l’inidoneità alla prestazione di lavoro notturno, accertata dal medico competente o dalle strutture sanitarie pubbliche, che il lavoratore dovrà essere assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti, se esistenti e disponibili (art.15 del D.lgs. n.66 del 8 aprile 2003).

Per limitare i danni legati a questa tipologia di lavoro, L’Eurispes ha stilato un breve vademecum comportamentale:
-cercare di lavorare durante la notte in ambienti bene illuminati;
-dormire durante il giorno ricreando il più possibile la condizione di buio;
-mantenere un lungo periodo di sonno, eventualmente seguito da un breve riposo evitando di dormire ad intervalli;
-alimentarsi durante il lavoro notturno non con semplici spuntini, ma con un pasto (ricordando che però pasti abbondanti e ricchi di carboidrati inducono facilmente la sonnolenza);
-evitare l’abuso di caffeina e alcool durante la notte e di sonniferi durante il giorno.

Lavorare di notte potrebbe favorire lo sviluppo di tumori, così come i raggi ultravioletti o l’inquinamento ambientale. È quanto emerge da un rapporto dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), con sede a Lione, in Francia, secondo cui chi lavora nei turni di notte è a maggior rischio di tumori rispetto al resto della popolazione. I risultati dello studio sono stati presentati sulla rivista Lancet Oncology.
L’alterazione dell’orologio interno dell’organismo, da cui dipendono i ritmi circadiani, ha probabilmente un effetto cancerogeno, per gli uomini e non solo. Nel 2001, una ricerca condotta dal Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, aveva riscontrato che le lavoratrici che svolgono turni di lavoro notturni hanno un rischio di tumori al seno del 60 % più elevato. In realtà, l’ipotesi di un legame tra turni di notte e tumori al seno risale ad alcuni anni prima e qualche esperto è arrivato a sostenere che il lavoro notturno abbia contribuito all’incremento dell’incidenza di questi tumori.

Altre ricerche hanno d’altra parte riscontrato che gli esponenti del sesso maschile, che lavorano di notte, hanno un rischio più elevato di sviluppare tumori alla prostata. Le ricerche sull’animale hanno confermato che i geni coinvolti nella regolazione dell’orologio biologico sono alterati nelle cellule tumorali e che gli animali esposti a regimi luce-buio invertiti, sviluppano più tumori e muoiono prima.

L’effetto cancerogeno, o comunque negativo, delle occupazioni notturne, potrebbe quindi avere a che fare con la risposta dell’organismo alla luce. La ghiandola pineale, nel cervello, produce l’ormone melatonina, in seguito all’esposizione successiva alla luce (del sole o artificiale) e poi al buio; produzione che viene perciò alterata quando le persone rimangono attive la notte, a luci accese.

L’ormone non solo regola i ritmi dell’organismo, ma agisce come antiossidante, proteggendo il DNA da quei danni che possono portare alla formazione di tumori. Un altro fattore capace di contribuire ad accrescere il rischio potrebbe essere poi la mancanza di sonno: chi lavora di notte, difficilmente riesce ad invertire completamente i propri cicli giorno-notte. E poco sonno rende il sistema immunitario più vulnerabile agli attacchi e meno capace di difendersi dalle cellule cancerose.